Moltissime persone in Italia sono in possesso della patente di guida. Tutti costoro, a prescindere da quanti anni l’abbiano conseguita, ricorderanno sicuramente che dopo le lunghe ore di insegnamento teorico passate in classe, al fine di superare l’esame di teoria, si rendeva necessario un tempo di sperimentazione in strada. Era infatti fondamentale, prima di affrontare l’esame di guida, poter verificare in maniera pratica quanto si era teoricamente appreso. Quanto detto è applicabile in tutti i campi dell'esistenza umana. Ad esempio, possiamo affermare che un medico od un meccanico potranno essere definiti dei professionisti unicamente se sapranno applicare, nella pratica, quanto hanno precedentemente imparato in modo teorico. Perfino il cristianesimo non può esimersi da questo principio. Infatti, fin quando rimane semplicemente legato a delle teorie spirituali, morali od etiche non è degno di chiamarsi realmente tale, perché il vero cristianesimo è fondamentalmente pratico.

Negli ultimi momenti della sua vita terrena, prima della crocefissione, Gesù decise di concentrarsi unicamente sui suoi discepoli. A partire dal 13° capitolo del Vangelo di Giovanni, infatti, si evince come scelse di interrompere il proprio ministero pubblico a favore di un insegnamento privato verso coloro che aveva scelto come apostoli. Trovandosi in prossimità della pasqua ebraica decise di mettersi a tavola per l’ultima volta con loro. Era perfettamente consapevole di avere ricevuto dal Padre la massima autorità su ogni cosa, da Lui stesso creata. Ciò nonostante, prima di deporre la sua vita per poi riprendersela con autorità, mediante la resurrezione, decise di lavare i loro piedi. Lo fece sia a dimostrazione dell’estremo sacrificio che stava per fare per loro, morendo sulla croce al posto dei peccatori, sia per dare un esempio di umile servizio reciproco che avrebbe di lì a poco caratterizzato la comunità dei Suoi discepoli: la chiesa. A conclusione della spiegazione spirituale di tale gesto pratico, pronunciò la frase seguente.

Giovanni 13:17 Se sapete queste cose, siete beati se le fate.

La beatitudine nei vangeli è manifestazione di una gioia profonda, quasi invidiabile da chi la osserva dall’esterno. Essa era pertanto legata alla capacità di mettere in pratica i modelli a cui loro stessi avevano assistito e di cui avevano direttamente beneficiato vivendo, per tre anni, a stretto contatto con il Maestro.

Gesù ha sempre chiesto ai suoi discepoli di non trasformare la propria fede in una semplice adesione intellettuale. Per sua stessa natura, chi ha fede in Dio non potrà affatto vivere una vita pratica che non manifesti onore, rispetto ed amore nelle relazioni fraterne. Che ciascuno di noi possa riflettere sulla qualità della propria fede, riflettendo non tanto sulla quantità delle nozioni che ha accumulato negli anni, ma su quante ne mette in pratica.

Ricorda: una vita priva di gioia, in chiunque si definisca cristiano, non è sintomo di circostanze avverse, ma di centinaia di nozioni teoriche mai applicate nella quotidianità.

Patrick Galasso